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La post-verità rende liberi

«Tempo salva Verità da Invidia e Falsità», di François Lemoyne (1737)

Sono i grandi movimenti tellurici della società a innescare l’evoluzione, come brillantemente spiegato nella logica hegeliana dei salti qualitativi1: quando un fenomeno aumenta di quantità, questo produce anche un aumento qualitativo dello stesso. Ma non c’è bisogno di scomodare la grande filosofia, basta osservare la storia e notare come i grandi cambiamenti culturali della società umana siano stati sempre preceduti da grandi processi decostruttivi o distruttivi. Se non volete scomodare neanche la storia, basta osservare voi stessi: quali sono gli accadimenti della vita che hanno innescato in voi il più profondo processo di evoluzione e cambiamento? Dinamite e terremoti interiori.

La cultura della menzogna non è una novità, è radicata nel nostro quotidiano, anzi, è ben strutturata nell’inconscio della natura umana, come efficacemente spiegato dal professor Dan Ariely2, docente di psicologia della Duke University in un documentario del 2015 intitolato “(Dis)Honesty: The Truth About Lies”.

Quando ci si indigna degli scandali che vengono denunciati dai mass media, ognuno incolpa ogni altro per delitti dei quali egli stesso è complice. Da questo atteggiamento primitivo emerge però un’interessante presa di coscienza testimoniata dall’avvento di un neologismo che, a quanto pare, sta entrando velocemente a far parte del linguaggio comune: la post-verità.

La post-verità è un fenomeno globale che appartiene alla razza umana, non soltanto all’epifenomeno del web che ne è la cassa di risonanza. Post-verità è un termine che testimonia quanto primitiva sia ancora oggi la nostra società, basata sulla cieca celebrazione di riti delle tribù che si configurano seguendo prescrizioni date dai miti, non soltanto quelli religiosamente intesi, ma anche della narrazione mitologica post-moderna nella sua interezza, come quelle politiche e propagandistiche, che esplodono attraverso lo strumento comunicativo massivo più immediato ed efficace partorito della tecnica: internet.

Politici e influencer inventano nuovi miti da venerare o dissacrare, ma internet è soltanto un mezzo e il modo in cui viene utilizzato dipende da noi: creatori e fruitori di contenuti. Così come un qualsiasi oggetto, anche apparentemente innocuo, può essere utilizzato in maniera impropria per danneggiare sé stessi o gli altri, così internet può essere la nostra salvezza o la nostra arma di distrazione di massa.

Allo stato attuale, il popolo è incapace e intellettualmente non in grado di affrontare quei grandi problemi moderni che dovrebbero competere alle élite di intellettuali (che non sono le élite della finanza). I mezzi di comunicazione e diffusione culturale ci stanno mostrando un’istantanea di come potrebbe essere il prossimo futuro. E non è un’immagine molto rassicurante.

Da questo punto di vista pesano come macigni le parole del medico Roberto Burioni3: «Parlo solo con chi ha studiato, la scienza non è democratica».

Burioni ha ragione sul secondo punto. La democrazia è un altro grande mito del nostro tempo: una disciplina che si prepone di dare potere decisionale a un’entità chiamata popolo, che chiaramente stenta ad acquisire quel senso di appartenenza ampio che dovrebbe essere proprio di quella «collettività etnica omogenea» definita dalla parola stessa, basti pensare ai grandi conflitti, anche interni agli Stati, proiettati in tutte le accezioni possibili che possono essere contenute in varie contrapposizioni: nord contro sud o poveri contro ricchi, che contaminano i popoli con il germe, anzi, il virus dell’idea di separazione e divisione.

Una volta scrissi4 che «non c’è alcun futuro nella separazione, nel meschino atto di escludere. È nell’inclusione, nell’unione, nell’integrazione dei fenomeni del mondo che sta il futuro. In caso contrario, semplicemente, un futuro non ci sarà, e se dovesse esserci, non sarà qualcosa di cui potremo andare fieri».

Per questo motivo non sono completamente d’accordo con il primo punto. Un ampio dialogo è necessario altrimenti rischiamo un’ulteriore deleteria contrapposizione: ignoranti contro sapienti. Dobbiamo difendere a tutti i costi la libertà di parola e la divulgazione sulla rete, l’unica arma a disposizione degli intellettuali per combattere l’ignoranza e diffondere la conoscenza.

Quando un organismo è infettato da un virus, per debellarlo, il sistema immunitario deve bombardarlo di anticorpi. Probabilmente non riusciremo a vedere i frutti del duro lavoro che è necessario portare avanti, pure se riecheggerà nell’inconscio culturale delle generazioni a venire. Si tratta di una responsabilità che, in questi tempi interessanti quanto pericolosi, i più coraggiosi devono prendersi.

Note a piè di pagina

  1. Georg Wilhelm Friedrich Hegel - Scienza della logica, 1812

  2. (Dis)Honesty: The Truth About Lies - Dan Ariely, 2015

  3. Roberto Burioni su Facebook: ”Perché cancello i commenti? Parlo solo con chi ha studiato, la scienza non è democratica” - Il Post

  4. Giochi in esclusiva: l’ipocrisia dell’industria videoludica - Starico