FCK NFT HEX: Manifesto

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Manifesto per la libertà dell’arte e del pensiero attraverso l’informatica e la crittografia

Durante la lettura del manifesto FCK NFT1 a cura di Lorenzo Ceccotti (in arte LRNZ) ho provato un arcobaleno di suggestioni dalle tinte più disparate. In questo documento proverò a dimostrare la debolezza di alcune ipotesi contrapponendomi alle prese di posizione assunte. Tuttavia, come in una romantic comedy, alla fine verrà a galla la mia natura tsundere.

Il fatto che una teoria sia confutabile non è il suo fascino più insignificante: proprio per questo essa attrae le intelligenze più acute.

— Friedrich Nietzsche

Introduzione all’opera FCK NFT

Nel manifesto viene presentata un’opera d’arte in formato cartaceo che consiste in una stampa fronte-retro divisa in due parti. Ogni lato della stampa ne contiene una parte:

  1. Un lato visibile che mostra l’opera in bianco e nero compilata dal codice sorgente in linguaggio binario.
  2. Un lato digitale che contiene il codice sorgente, ovvero un elenco ordinato di cifre (0,1) e una firma manoscritta.

FCK NFT by LRNZ, fronte retro

Secondo la volontà dell’autore, l’autenticazione dell’opera «avviene con un processo a chiasmo: il lato testuale, digitale, riporta una firma tradizionale manoscritta che ne autentica l’unicità. Il lato visivo, analogico, contiene una firma digitale, replicabile.

Un ribaltamento di prospettiva davvero suggestivo e affascinante, tanto da avermi ispirato a scrivere questo documento e non soltanto… Ma facciamo un passo alla volta e cerchiamo prima di comprendere meglio come funziona l’opera originale.

Il lato testuale viene definito digitale. Si tratta di una rappresentazione dell’immagine in un alfabeto binario che funziona in questo modo: il numero “0” corrisponde a un pixel nero; il numero “1” corrisponde a un pixel bianco. Ogni bit è separato da una virgola e ogni ritorno a capo (newline) segnala l’inizio di una nuova serie di bit. Ne risulta una matrice ordinata 16x16: un codice sorgente che è possibile confrontare visivamente con l’altro lato compilato verificando che ogni casella-colore corrisponda al codice binario.

Il lato testuale include anche una firma manoscritta che garantisce la sua unicità e autenticità. In altre parole: solo il possessore di quell’opera cartacea specifica detiene la copia originale, anche se, avendo a disposizione il codice sorgente, l’immagine può essere replicata.

Il lato visivo viene definito analogico. Si tratta del risultato della compilazione del codice binario-morse secondo le istruzioni dell’autore. Per osservarlo nella sua forma fotografata ho impiegato una TV di tipo OLED che utilizzo come display per il mio computer.

Nell’atto di osservarla, l’immagine passa attraverso un doppio processo di perdita dell’informazione. Il primo processo avviene durante la conversione da digitale ad analogico. Ciò che posso vedere dipende dal tipo di display e dalle tecnologie utilizzate per progettarlo; può dipendere anche da come ho impostato e calibrato lo schermo o dal profilo colore del mio sistema. Il secondo processo avviene quando i miei occhi inviano l’immagine catturata al cervello per permettermi di interpretarla. Gli occhi sono un sistema percettivo imperfetto, soggetto a patologie e deterioramento nel tempo.

In sintesi, non posso essere sicuro di aver visto ciò che vedono gli altri. Non posso nemmeno essere sicuro di aver visto esattamente ciò che l’autore intendeva che io vedessi. Magari il suo display gli ha mostrato un’immagine leggermente differente da quella osservata dai miei occhi, affetti da una leggera miopia e astigmatismo che mi costringono a usare occhiali da vista.

La stessa problematica affliggerebbe l’osservazione della copia autentica in formato cartaceo che non ho potuto visionare dal vivo. Non mi sento di escludere che, in futuro in qualche maniera, mezzi tecnici che la mia mente non immagina, possano permettere al cervello umano d’interfacciarsi a un’opera digitale permettendone una ricezione più accurata. Resta il fatto che il formato cartaceo è fragile e il suo stato di deterioramente non è sempre quantificabile con certezza. Inoltre sarebbe difficile ricostruire l’informazione nella sua interezza se venisse alterata, per esempio se un prodotto chimico compromettesse l’integrità della carta o dell’inchiostro.

Osservazioni sulla mente digitale

La tesi dell’autore è che «l’essere umano è capace di creare, fruire, copiare, modificare e immagazzinare opere (digitali) complete senza il bisogno di alcun dispositivo esterno». Essendo la carta un dispositivo esterno, s’intende effettivamente affermare che gli esseri umani sono capaci di memorizzare tutto a memoria:

«Sempre caro mi fu quest’ermo colle» è una frase che ho memorizzato quando ero ragazzino. È un’informazione digitale esatta, al pari di uno sprite di Space Invaders. […] in un verso di poesia si possono contare le lettere: si sa quali, quante e in che ordine sono, con precisione assoluta.

— LRNZ (2022)

L’infinito, la poesia completa di Giacomo Leopardi che include anche il primo verso citato, è composta da oltre 550 caratteri dell’alfabeto italiano contando spazi e segni d’interpunzione. Per ricordarla e ritrasmetterla senza perdite dobbiamo memorizzare, non solo le parole, ma anche l’esatta punteggiatura che ritma la composizione.

Facile? Non ne sono convinto. Ma per semplicità poniamo che io riesca a memorizzare con assoluta precisione l’ordine delle parole e di tutti gli altri segni a corredo; c’è ancora un enorme problema: come faccio a verificare, pur conoscendo a memoria la poesia, che il contenuto del ricordo sia autentico e non una falsificazione della mente? Erano davvero quelle le parole esatte di Leopardi? L’ordine dei segni ritmanti contenuto nel mio cervello è corretto senza alcun margine di dubbio? Non posso esserne certo.

Per avere un ragionevole grado di certezza che il ricordo sia corretto, devo essere in grado di poterlo verificare attraverso un mezzo esterno più affidabile della memoria, come la scrittura (rappresentata in questo file). È anche possibile che alcuni lettori, pur conoscendo a memoria la poesia, siano andati a verificarla dopo la lettura di questo testo, su internet o su un libro, per accertarsi che il loro ricordo corrispondesse al vero. E in prima istanza, come abbiamo fatto noi tutti a impararla a memoria? L’abbiamo certamente letta da qualche parte usando dispositivi esterni che riportavano le parole corrette di Giacomo Leopardi.

Un’informazione digitale come un verso di poesia, «Sempre caro mi fu quest’ermo colle», salvata nel nostro cervello decine di anni fa è perfettamente conservata e incorruttibile - proprio perché è stata memorizzata nella sua forma encoded.

— LRNZ (2022)

Ma non possiamo davvero essere certi che l’informazione non sia stata corrotta. La memoria umana è molto approssimativa e tende a falsificare i ricordi (Byrne, 20082). Anzi, da un certo punto di vista sappiamo che il cervello umano è fatto per dimenticare costantemente (Richards e Frankland, 20173) e cancella i ricordi per fare spazio a quelli più rilevanti. Questo processo di valutazione della qualità dei ricordi è arbitrario e non definibile con precisione. Inoltre, alcuni recenti studi scientifici hanno rilevato che i processi elaborativi della mente sembrano più assimilabili a quelli analogici (UCLA, 20174) ma devo anche convenire con il fatto che l’uomo si avvale continuamente di processi digitali, quindi posso concludere che la mente umana può essere considerata sia analogica che digitale.

Nel corso dei secoli, l’uomo ha sviluppato strumenti tecnici come la scrittura, e tutte le sue successive evoluzioni, proprio per liberarsi dal fardello di ricordare. Se siamo bloccati a dover ricordare tutto ciò che è già ben definito e può essere tranquillamente conservato e consultato solo in caso di bisogno, la mente non è libera di fare ciò che sa fare meglio: creare nuove opere d’ingegno originali e sorprendenti.

La memoria è l’intelligenza degli sciocchi.

— Albert Einstein

La conservazione esterna rispetto a quella mentale ha dei vantaggi innegabili, su tutti la precisione e la maggiore resilienza. Un dispositivo esterno alla mente è necessario per la conservazione storica dell’informazione. Per questo Platone (Fedro, c.a. 370 a.C5) ha perduto clamorosamente la sua sfida con la storia quando definiva la scrittura come qualcosa di «non decisivo» per l’uomo. Senza la scrittura di Platone non avremmo ricevuto la testimonianza dei dialoghi orali di Socrate.

Senza ombra di dubbio la scrittura su carta è più duratura della memoria, ma un file digitale è ancora più resistente della carta. In primo luogo perché più facile da duplicare, ma soprattutto perché la sua correttezza è verificabile, non oralmente o visivamente, ma matematicamente, utilizzando ad esempio una funzione checksum. Dettare a voce un testo a un certo numero di addetti alla trascrizione, non fornisce alcuna garanzia sulla correttezza effettiva di tali trascrizioni.

Le funzioni crittografiche assicurano che una certa informazione digitale sia corretta al 100% con un grado matematico di certezza. La matematica possiede il più elevato grado di accuratezza e affidabilità che l’uomo sia riuscito a sviluppare nel corso della sua storia. Alla matematica – e alla sua applicazione pratica nell’ambito della sicurezza informatica, ovvero la crittografia moderna (Katz e Lindell, 20146) – abbiamo affidato le nostre esistenze: comunicazioni, commercio elettronico, pagamenti e transazioni, database di governi, banche, enti militari, pubblici, privati e così via.

A tal proposito, è importante notare che le tecniche crittografiche dei dati sono molto utili per verificare che un’informazione trasmessa sia effettivamente corretta ma non ci dicono molto sulla sua autenticità. Un sistema per verificare l’autenticità è più complesso e richiede la presenza di una terza parte, che nel caso dell’opera scritta possiamo chiamare autore, il quale possa confermare la sua effettiva autenticità; o in sua assenza, un registro fisico che custodisca una copia originale autenticata.

In breve, nel caso della poesia L’infinito, a un certo punto della storia, lo stesso Leopardi deve aver pubblicato da qualche parte un manoscritto sorgente in un formato a sua scelta. Attraverso quel manoscritto, che chiamiamo originale, abbiamo potuto stabilire l’autenticità del testo secondo la volontà dell’autore.

Se centomila persone diverse, con centomila voci diverse, leggessero a voce alta la frase «Sempre caro mi fu quest’ermo colle» saremmo in grado di comprenderla perfettamente ogni volta.

— LRNZ (2022)

Possiamo davvero affermarlo? La lingua è mutevole al punto che ogni parola può avere diversi significati a seconda della collocazione geografica o del contesto storico-culturale in cui quella lingua è parlata. Ma supponendo sia comprensibile da centomila persone diverse indipendentemente della collocazione geografica o dal tempo storico in cui avviene la fruizione del testo, quelle centomila persone starebbero leggendo il testo riportato su qualche supporto fisico e non certo per tradizione orale.

È parimenti necessario che stiano leggendo il testo approvato dall’autore. Si noti bene che nel caso del testo letterario, il carattere di originalità non viene inficiato dalla presenza di altre sue copie. Un libro può essere copiato e riprodotto infinitamente e ogni sua copia conforme è da considerarsi quella originale. Tecnicamente, anche una traduzione verso una lingua diversa da quella scritta dall’autore, seppur fatta con le migliori intenzioni, è un’alterazione del contenuto originale (Eco, 20137).

Devo anche rilevare che, in caso di morte dell’autore, gli scritti possono essere facilmente manipolati contro la sua volontà. Un caso esemplare è quello dei Frammenti Postumi8 di Friedrich Nietzsche che furono alterati dalla sorella Elizabeth, nazionalista e antisemita, per supportare le proprie tesi filo-naziste (Montinari, 19759) seppure l’effettiva entità di tali alterazioni sia ancora oggi oggetto di discussione.

Nel caso dell’opera FCK NFT di Lorenzo Ceccotti, la copia originale è quella stampata in formato cartaceo e ora custodita in un luogo a me ignoto. Su questo punto l’autore sembra piuttosto chiaro:

l’intenzionalità progettuale dell’artista non può non essere presa in considerazione […] L’artista stabilirà incontestabilmente che quella da lui creata, e nessun’altra incarnazione, sarà l’opera originale. […] qualsiasi riproduzione meccanica o fotografica dell’opera non può che essere altro dall’opera in sé, e annulla la possibilità di fruire autenticamente dell’opera originale come è stata pensata dall’artista.

— LRNZ (2022)

Dunque le immagini pubblicate all’indirizzo https://www.lrnz.it/fcknft non sono da considerarsi l’opera originale. Non sarebbe accettabile in alcun modo perché metterebbe in discussione l’intenzionalità progettuale dell’opera distruggendo la concettualità di cui è intrisa. Del resto sarebbe impossibile immaginare che una pagina web – un dispositivo esterno – pubblicata on cloud su mezzi di conservazioni accessibili soltanto attraverso la rete internet, possano essere l’opera originale. L’effettiva implementazione nel mondo reale, così come definita dal suo autore, è una certa precisa copia stampata fronte-retro con firma manoscritta:

Tornando all’arte, perché non posizionare quella digitale nel mondo reale, senza dover creare qualcosa che dipenda per forza dalla rete (e quindi dal denaro) o da una device elettronica (e quindi nuovamente dal denaro) per essere considerata vera o originale? Consentiremmo ad un essere umano del 4000 d.C. in possesso di tecnologie completamente diverse dalle nostre che ritrovasse la nostra arte digitale sotto le macerie di una civiltà ormai scomparsa di fruirne liberamente, come abbiamo fatto noi con pitture o manufatti egizi di seimila anni fa.

— LRNZ (2022)

Lasciamo da parte per il momento la questione del denaro e concentriamoci sul resto. Stiamo parlando di un radicale ritorno all’essenziale, dal codice high-level al binario fatto di zero e uno, dalle palette di colori al bianco e nero. Aumentare troppo la complessità, che pure è generata dal binario, implicherebbe l’uso di algoritmi troppo intricati per essere memorizzati a mente e che potrebbero essere impossibili da interpretare senza dispositivi elettronici. Si tratta di un rifiuto categorico di collegare l’arte alla tecnologia per tornare alla carta stampata in virtù di un pensare al futuro catastrofico che vede l’uomo, tra 2000 anni, sull’orlo dell’estinzione.

Questa visione viene condita fino all’inasprimento contro ogni dispositivo di consumo elettronico e telematico, anche se alcuni dei contenuti usati per sviluppare, diffondere e presentare l’opera sono di fatto pubblicati su internet, attraverso siti web e social network di proprietà privata e hostati su server privati:

Spezziamo le catene mentali che ci tengono ancorati al concetto che per operare in digitale sia necessario procurarsi prodotti di consumo elettronici e pagare l’accesso a servizi telematici. Inutile costringere tutta l’umanità a dover pagare un pedaggio a imprenditori privati per accedere a un dispositivo always on sul cloud quando è possibile farne a meno.

— LRNZ (2022)

Si noti bene che l’autore, pur essendo spinto dalla volontà di posizionare il digitale in un mondo che definisce reale, non considera affatto le opere mediate da dispositivi come immateriali, tutto l’opposto: sono assolutamente e indiscutibilmente reali quanto quelle fisiche:

Essere su una rete o nel cloud non rende un’opera meno fisica di un olio su tela. Si tratta solo di un supporto molto più complesso e tentacolare, fatto di server, cavi di rete, silicio, su cui corre elettricità generata da petrolio, turbine meccaniche o pannelli solari. Informazioni che non vediamo, ma che sono mosse da realtà fisiche assolutamente incontestabili e niente affatto trascendenti o immateriali.

— LRNZ (2022)

Troppa carne e metallo al fuoco. Per non perdere le nostre facoltà fisiche e mentali come in una pellicola cyberpunk di Shinya Tsukamoto, dobbiamo fermarci un attimo a prendere fiato e riflettere molto attentamente su tutti i temi che sono stati toccati.

Il problema della copia originale

Facciamo un breve riepilogo partendo da un assunto. L’esistenza di una copia originale è fondamentale per evitare fraintendimenti e manipolazioni. La parola originale si rifà alla parola italiana ‘origine’ che deriva dal latino ortus, che significa nascita, come a indicare la provenienza di qualche cosa, una sorta di certificato di nascita di un oggetto. Dal sito Treccani: «Con riferimento a scritti, opere d’arte o altre produzioni […] che riproduce il manoscritto dell’autore o comunque il testo da lui approvato […] di opera d’arte figurativa, quella fatta dall’autore stesso dell’opera».

Abbiamo visto che un linguaggio, per essere tramandato, cioè per permettere a un suo fruitore di fare esperienza del significato che quel linguaggio intende esprimere, deve essere messo in forma scritta e dev’esserci un autore che abbia verificato che il testo non sia stato alterato. Il cuore della questione è tentare di stabilire, con il grado maggiore di certezza possibile, se un’opera sia davvero originale, dove il termine originale dev’essere inteso come creato e approvato dall’autore e conforme alle sue intenzioni. Ecco quali sono le principali problematiche da risolvere, escludendo quelle che includono una perdita durante la conversione D/A e che abbiamo visto essere inevitabili:

  • La copia originale può essere manipolata, per esempio in caso di morte.
  • La copia originale può essere smarrita o danneggiata irreparabilmente.

Per alleviare entrambe le problematiche esiste una soluzione evidente: la ridondanza. Per attuare tale strategia è necessario che l’opera sia riproducibile e che ogni sua riproduzione venga considerata originale e conforme secondo le prescrizioni dell’autore che l’ha ideata. Inoltre dovremmo accertarci che le terze parti che le custodiscono siano affidabili.

Non abbiamo e non avremo mai bisogno di nessun sistema delocalizzato di macchine per certificare l’esistenza di un bene digitale unico, perché siamo già creature digitali e lo siamo nella maniera più intima possibile

— LRNZ (2022)

Una visione certamente romantica e intrigante, ma sarebbe una catastrofe se venisse perduta l’unica copia autentica, visto che l’autore stesso ha espresso la volontà di «fruire autenticamente dell’opera» in un possibile futuro tra circa 2000 anni.

I sistemi delocalizzati servono non soltanto per certificare l’esistenza di un bene digitale ma soprattutto a preservarlo nel tempo. Se tutte le copie si trovassero nello stesso luogo o nello stesso territorio e un evento catastrofico distruggesse tutte le copie allo stesso momento, avremmo perduto per sempre le informazioni originali che consentono un’esperienza conforme a quella intesa dall’autore. È fondamentale accertarsi che le copie siano fisicamente separate e il più lontano possibile l’una dall’altra.

Chi progetta o si è trovato a progettare infrastrutture di rete che richiedono un’elevata affidabilità dei dati comprende bene questa problematica. Abbiamo appena introdotto un concetto vitale che sintetizzeremo con la parola decentralizzazione.

Il valore di un’opera in relazione alla sua unicità

Mi sembra inutile sottolineare che, quando un autore decide per necessità o per volontà esplicita di limitare le copie originali a una soltanto, quell’unica copia ha un “prezzo” potenzialmente inestimabile. Bisogna precisare che il valore di un’opera non ha una relazione diretta con il suo prezzo di mercato. Il prezzo di mercato è storicamente variabile e definito, appunto, dal mercato, che agisce secondo logiche talvolta folli, predatorie o meramente speculatorie. Mentre il valore di un’opera può dipendere da molti fattori: l’identità dell’autore, le tecniche utilizzate per realizzarla, l’importanza concettuale, la percezione del pubblico che subisce il suo fascino… Ma anche dalla rarità?

La rarità è un concetto affascinante. Nel suo caso estremo, dove la rarità diventa la singola unità, si può esprimere anche con la parola unicità. La rarità può certamente influenzare il prezzo di mercato di un bene, a patto che esista una domanda per tale bene, ma influenza anche il suo valore intrinseco? In altre parole: l’eventuale esistenza di due copie di un’opera, esattamente identiche e conformi, aumenterebbe o diminuirebbe il valore dell’opera stessa? Direi di no, la presenza di altre copie influirebbe solo sulla rarità e dunque sul prezzo di mercato. Potremmo operare un’ulteriore distinzione tra valore intrinseco e valore percepito, ma per non complicare troppo la questione in questa sede, limitiamoci a tenere presente la distinzione tra “valore” e “prezzo”.

Sebbene il termine valore sia primariamente sinonimo di qualità, bravura e abilità, nell’inconscio collettivo soggiogato dal capitalismo (Marx, 193210) viene a collidere il significato di valore con quello di prezzo, per cui una cosa vale solo in proporzione al prezzo di mercato, e se il prezzo di mercato è basso allora non ha molto valore.

Il costo per preservare un’opera

Anche se viene affermato che «La Gioconda non consuma nulla»1, dobbiamo assolutamente rilevare che tale semplificazione non tiene conto dei costi per garantire la sua sicurezza, l’accessibilità e la fruibilità da parte del pubblico, i costi di manutenzione o restaurazione, di gestione delle infrastrutture ecc.

Per ogni Gioconda che l’ha scampata, forse per merito della sua celebrità, esistono opere in singola copia che invece abbiamo perduto per sempre.

L’opera FCK NFT di Lorenzo Ceccotti, nella sua unica versione cartacea conforme, è un’opera poco resistente alla prova del tempo. Se lo scopo dell’autore è quello di preservarla per i posteri, propongo una strategia in due fasi da mettere in atto per migliorare la situazione:

  1. Realizzare molte più copie in formato cartaceo dell’opera, tutte certificate con firma manoscritta, da considerarsi originali e conformi secondo la sua esplicita volontà.
  2. Distribuire le opere intorno al globo terrestre, in diverse zone territoriali o nazioni, decentrandole, per incrementare loro possibilità di resistere in caso di disastro.

In questo modo non ci sarebbe bisogno di recarsi fisicamente in Italia per vedere l’opera, anche se fosse ceduta gratuitamente a un museo. Molte persone dei paesi più poveri del mondo non possono permettersi di viaggiare e non potrebbero fare esperienza dell’opera. Questo è un problema comune a quello della Gioconda e a tutte le opere fisiche in unica copia. Ovviamente esistono casi in cui è impossibile fare altrimenti.

Ogni scelta compiuta dall’artista ha dei pro e dei contro da considerare e nessuna soluzione è assolutamente e indiscutibilmente perfetta, si tratta di capire quale sia quella più conveniente allo scopo.

Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma

— Antoine-Laurent de Lavoisier

La procedura che ho descritto non è a costo zero, come non lo è stata la realizzazione dell’unica copia cartacea di FCK NFT al momento disponibile, che ha necessitato perlomeno di costi di produzione e stampa. È proprio vero che «il digitale non sfugge alle leggi della termodinamica» così come tutte le nostre esperienze analogiche.

Nulla è gratuito e ogni lavoro compiuto ha un costo in termini di energia e tempo impiegato. Il nostro universo, analogico o digitale che sia, è soggetto a leggi fisiche a cui non possiamo sfuggire anche se lo desideriamo.

Relazione tra opera e pubblico

Non è detto che la riproduzione sia sempre nelle intenzioni dell’autore. Prendiamo come esempio il film sperimentale Ambiancé del regista svedese Anders Weberg. Il film, lungo ben 720 ore (30 giorni) era stato programmato per la proiezione a partire dal 31 dicembre 2020. L’unica copia è stata poi distrutta e il regista ha dichiarato di aver realizzato «il film più lungo che non esiste». In questo caso è evidente che l’autore non aveva alcuna intenzione di preservare l’opera e renderla accessibile, anzi, la sua distruzione era parte del messaggio. Ma si tratta di un caso particolare.

All’esistenza di un’opera d’arte non è possibile sottrarre l’esperienza del pubblico ricevente. Proviamo a fare un esercizio filosofico: un certo oggetto è un’opera d’arte anche se nessuno si accorge della sua esistenza tranne l’autore? Supponiamo che un’opera resti celata per alcuni decenni e poi venga scoperta. In quell’arco temporale l’opera ha cessato di essere tale? Una questione spinosa, ma credo che potremmo concordare con l’affermare che, in ogni caso, l’opera resta in attesa che qualcuno la osservi e che, se l’osservazione non avviene o non può avvenire, l’opera cessa la sua funzione di utilità che è quella di essere fruita dai suoi potenziali destinatari.

Ne consegue che un tratto estremamente determinante affinchè un’opera d’arte possa compiere la sua funzione è che questa venga messa nelle migliori condizioni di essere fruita dal pubblico, escludendo casi particolari.

Se nelle intenzioni di un autore c’è la nobile volontà di preservare l’opera nel tempo, questi dovrebbe affidarla a un supporto di memorizzazione efficace. A mio avviso, il più grande vantaggio dell’era moderna è proprio la riproducibilità tecnica dell’arte (Benjamin, 193611) che non inficia ma anzi rende più resistente la matrice della sua originalità nel senso che ho inteso in questo documento.

Ma se è vero che il valore di un’opera non è legato al prezzo e che l’osservazione da parte di un pubblico è fondamentale per permettere all’opera di svolgere la sua funzione, sento di poter affermare che quanto più un’opera è facile da riprodurre, quanto maggiore potrà essere il suo valore artistico, se con valore artistico intendiamo quantificarlo nella sua possibilità di suscitare fascino estetico sul pubblico. Una definizione di valore molto più spirituale e profonda del suo prezzo di mercato.

Relazione tra codice sorgente e opera finale

Sono assolutamente d’accordo con l’idea che il digitale dipende dall’analogico, nel senso che qualunque opera generata digitalmente deve comunque essere convertita in segnali analogici ricevuti e interpretati dal cervello; ed è vero che il nostro modo di creare e comunicare è soprattutto digitale, dalla musica al linguaggio scritto, e che ogni uomo applica «una soglia quantizzata alla natura analogica del suo cervello1».

Il computer è umano come ogni strumento tecnologico a nostra disposizione: sono tutti conseguenza dell’ingegno e dell’intelletto umano. Se un giorno nascesse un’intelligenza artificiale forte, nel suo operare in maniera apparentemente autonoma, troveremmo la matrice dell’intelletto umano che l’ha resa possibile. Lo stesso ragionamento vale per l’arte algoritmica, sia essa prodotta in modo deterministico che parzialmente casuale, perché il codice sorgente è sempre e comunque opera di un autore e la sua volontà si trasferisce dal codice al risultato finale.

Nel 2018, per il Lucca Comics and Games, LRNZ ha realizzato delle opere a partire da uno script informatico che le ha generate prima in formato digitale e poi in formato analogico sottoforma di poster, affermando «come autore le opere che davvero contano sono i poster stampati. Una miriade di pezzi unici, tutti originali […] L’operazione artistica era quella di rappresentare una moltitudine, una comunità1». Nel caso descritto, il supporto di destinazione finale contiene anche lo script e tutti gli elementi che hanno permesso all’opera di essere generata. Senza lo script che ne definisse le regole, l’opera non sarebbe potuta esistere. Ciò significa che il risultato analogico ha assorbito in qualche modo tutte quelle regole definite dall’autore che sono di fatto codificate al suo interno. Come un DNA.

Bisogna che sia chiaro il concetto di cominciamento e di risultato. Nella legna che diventa cenere, il risultato non è semplicemente l’incominciare a essere della cenere. L’affermazione che dice: «La legna diventa cenere» non è senz’altro equivalente all’affermazione che dice: «Della cenere incomincia a esistere». […] non restituisce la totalità del significato […] si tratta di capire che il “risultato” è la contraddittoria identità dei diversi.

— Emanuele Severino12

Il risultato include il codice ma è vero anche il contrario: il codice include le istruzioni per determinare un certo risultato. L’osservazione da fare è che, senza i materiali originali che ne hanno definito la forma, è estremamente difficile o impossibile operare un’azione di de-codifica, ovvero riprodurre nuovamente l’opera in caso di distruzione del supporto analogico che ne era la manifestazione voluta. È quasi sempre possibile passare da A => B ma è quasi sempre impossibile il processo inverso A <= B, così com’è possibile passare dalla legna alla cenere ma non il contrario.

Tirando le somme

Ho tentato di dimostrare che la mente non è affatto affidabile quando si tratta di conservare informazioni precise che hanno bisogno di reggere alla prova del tempo, cercando inoltre di suggerire che uno sforzo memorizzativo prolungato è poco utile e rischierebbe di saturare la mente distogliendola dallo sforzo creativo e interpretativo.

Ne consegue la necessità assoluta di affidarsi a mezzi di conservazione esterni. Non si tratta di se, ma di come utilizzare tali mezzi e quali siano quelli più adeguati ai nostri scopi artistici, che io identifico primariamente in preservazione e accessibilità. Basandomi su tali nozioni, ho cercato di definire più in dettaglio senso e affinità tra le parole originalità e unicità applicate alle opere d’arte e la differenza tra prezzo e valore. Infine, ho cercato di stabilire se fosse possibile una relazione bivalente tra codice sorgente e opera finale.

Apro una parentesi. Nel caso specifico di FCK NFT è evidente la volontà dell’artista, considerando pure le modalità di assegnazione del prezzo all’opera, di criticare alcune pratiche speculative nel mondo dell’arte. Per questo rifiuto categoricamente di pensare che la scelta di realizzare una sola copia originale dell’opera sia stata frutto della volontà di renderla più esclusiva. La parola esclusiva – dal latino ex-claudere – significa escludere da un’esperienza la maggioranza delle persone a beneficio di cerchie più ristrette. E sarei disposto a giustificare alcune pratiche, come la pirateria o la copia non autorizzata, per garantire la possibilità di godere di un’opera anche a persone prive delle possibilità per farlo. E al diavolo il ritorno economico all’artista.

L’artista non esiste, esiste la sua Arte.

Lucio Battisti

A maggior ragione mi preme sottolineare che sono assolutamente in disaccordo con qualsiasi tentativo d’impedire che un’opera venga preservata nel tempo e ritengo che, ogni artista, dovrebbe interessarsi di tramandare il senso estetico-artistico delle sue realizzazioni, mettendo al centro valori universali che non hanno nulla a che fare con il prezzo di mercato dell’opera, non universale ma storicamente contestualizzabile.

Certo è che tutti hanno bisogno di denaro per vivere o finanziare i propri progetti, non sto negando questa possibilità, ma si tratta di un’esigenza da coniugare a una moralità che dev’essere di prim’ordine.

Infine, come soluzione al problema dell’autenticazione, ho suggerito la crittografia, che è una disciplina matematica largamente utilizzata non a caso, ma perchè si è dimostrata infinitamente più affidabile di qualsiasi tipo di controprova scritta in formato analogico. Grazie ad algoritmi crittografici avanzati, la verifica delle informazioni può essere affidata alla matematica invece che ai poco precisi sensi umani.

Nessun processo di autenticazione è gratuito, si tratta dunque di soppesare vantaggi e svantaggi delle procedure a disposizione in relazioni agli scopi.

Cosa sono NFT e Criptovalute

Molte definizioni di NFT che ho trovato in giro sulla rete sono piuttosto opinabili e parziali, ad esempio per quanto riguarda il diritto d’autore. Un NFT, nel senso di oggetto, è un tipo particolare di smart contract, un contratto programmabile e definibile secondo alcune clausule o regole che possono essere personalizzate. Ma ho notato che con la parola NFT sta succedendo un po’ ciò che è sempre successo con la parola blockchain: un bias cognitivo che molti protocolli allo stadio iniziale del loro sviluppo hanno sperimentato una volta messi alla mercè dalle masse.

Una delle prime definizioni di catena di blocchi crittografica – appunto: blockchain – risale a molto prima dell’avvento delle criptovalute (Haber e Stornetta, 199113), ma alcuni prototipi sono rilevabili già a partire dai primi anni 80. Un’implementazione simile molto nota è Git, un software per il versioning open source sviluppato da Linus Torvalds nel 2005.

Satoshi Nakamoto pubblicò il white paper14 di Bitcoin alcuni anni dopo, nel 2008. La rivoluzione di Bitcoin non è certamente dovuta solo al fatto di aver implementato una blockchain. No. Bitcoin è una piattaforma rivoluzionaria per varie ragioni complesse – che richiederebbero una trattazione separata molto approfondita – prima tra tutte la sua brillante soluzione al dilemma dei generali bizantini grazie al sistema Hashcash Proof-of-Work sviluppato dal crittografo Adam Back (200215), noto anche per i suoi contributi all’aggiramento della censura e della sorveglianza sulla rete, basi fondative per la creazione di quella che oggi è conosciuta come rete anonima Tor.

Stiamo parlando di tecnologie che richiedono un grado di competenza informatica e crittografica di un certo livello per comprenderne il funzionamento di base, figuriamoci le possibili implicazioni per lo sviluppo futuro della nostra società.

Per esempio, una nozione apparentemente controintuitiva da comprendere quando si parla di criptovalute è: Bitcoin non è una criptovaluta. Oppure: se Bitcoin è una criptovaluta, allora è l’unica criptovaluta. Intendo dire che Bitcoin gioca un campionato diverso rispetto a quelle vengono definite genericamente criptovalute, da ogni punto di vista: etico-morale, della sicurezza, degli scopi, della distribuzione iniziale del circolante ecc.

Affermare che una criptovaluta usa la blockchain, non descrive tutte le sue proprietà. Similmente, affermare che qualcosa è un NFT non definisce tutte le sue proprietà. Nella documentazione NFT standard ERC-721 di Ethereum, piattaforma che ha introdotto per prima tali token, si legge: «Un NFT è usato per identificare inequivocabilmente qualcosa o qualcuno. Perfetto su piattaforme che offrono oggetti collezionabili, chiavi di accesso, biglietti della lotteria, posti numerati per concerti o eventi sportivi…»

La prima cosa da notare è che si parla di “standard ERC-721”, ma possono esistere differenti versioni in evoluzione a seconda dell’ecosistema di riferimento. Un contratto su Ethereum non dev’essere necessariamente identico a quello definito in altri ecosistemi. Si tratta dunque di capire chi ha definito un certo tipo di standard, dove e come è stato definito. Su Ethereum esiste un altro standard chiamato EIP-1155 Multi Token che prevede la possibilità di copie multiple. Altre funzioni, come la rivendita a terzi secondo alcune specifiche in fase di definizione, può essere resa opzionale o vietata.

L’Unione Europea potrebbe decidere un giorno di passare a un registro delle proprietà basato su blockchain e memorizzare le informazioni immobiliari o di altro genere usando token NFT associati a wallet – che in questo esempio potremmo immaginare come carte d’identità digitali – che contengono codice fiscale e altre informazioni sul cittadino. Tale sistema potrebbe essere governativo, con accesso limitato ai paesi dell’UE e i dati in esso contenuti potrebbero essere cifrati e non di pubblico dominio. Insomma, un sistema totalmente differente da come lo intendiamo oggi. Dipende tutto dall’implementazione.

Mi sembra superfluo aggiungere che, quando si acquista un immobile, a meno di non essere assicurati, in caso di distruzione dell’immobile, il contratto di acquisto certificherà solo che siete in possesso di un cumulo di macerie. Se in tale immobile vi fosse stata un’opera pittorica acquistata alcuni anni prima con regolare contratto di acquisto e certificato di autenticità, tali documenti non aiuterebbero a recuperare l’opera perduta.

Tornando a Ethereum: sono la documentazione e il codice sorgente a definire la natura e le funzioni di un certo tipo di smart contract che per semplicità chiamiamo NFT. Anche prendendo in considerazione lo standard ERC-721, quello più comunemente utilizzato, non possiamo affermare che l’unicità sia garantita. Alcuni documenti a riguardo sono ambigui e lasciano intendere che in teoria un tale oggetto possa essere unico, ma è possibile garantire con ragionevole sicurezza solo che sia:

  • indivisibile - ovvero non frazionabile.
  • indistruttibile - ovvero non rimovibile dal registro.
  • immutabile - ovvero non alterabile da terzi.

Le caratteristiche sopra elencate possono essere più o meno forti a seconda dell’infrastruttura tecnologica del network, per cui si dovrebbe parlare di un NFT riferendosi alla criptovaluta specifica: “Un NFT su Ethereum” oppure “Un NFT su Solana” poichè è fondamentale per determinarne le caratteristiche in funzione del cosiddetto blockchain trilemma.

Bisogna inoltre precisare che l’immutabilità è in realtà un parametro che gli autori devono impostare appositamente interagendo con lo smart contract dell’NFT. Quando viene creato, un token NFT non è automaticamente immutabile, ciò per permettere che possa essere modificato in caso di errori di compilazione nei suoi campi, come il nome o la descrizione. A volte l’oggetto viene venduto ma è ancora modificabile in fasi successive alla vendita. Gli acquirenti più avveduti si assicurano di verificare prima dell’acquisto che il parametro di immutabilità sia effettivamente stato impostanto on-chain, e dunque sia irreversibile.

Ecco che si palesa un altro comune e gigantesco fraintendimento: non c’è niente di esaltante o rivoluzionario negli NFT, così come non c’è nulla di rivoluzionario nella ”tecnologia blockchain”, che restituisce molto poco della natura delle cose di cui stiamo parlando.

Inutile precisare che, essendo solo un contratto, un NFT non contiene al suo interno l’oggetto a cui si riferisce, così come un dato catastale non contiene al suo interno l’immobile di riferimento, ma solo le istruzioni per identificarlo nel mondo reale.

Un contratto che afferma che si possiede una foto digitale che è: duplicabile in qualsiasi momento, non scarsa e non associata ad alcun contenuto reale, ha un valore oggettivo pari a zero. Ma il suo prezzo di mercato? Quello lo definisce il mercato e può essere una qualsiasi cifra compresa tra zero e infinito. Nel 1636, un tulipano in Olanda costava 2500 fiorini e il reddito medio annuo era di 150 fiorini. Ciò significa che il loro valore effettivo era 2500 fiorini? No. Un tulipano non è raro ed è duplicabile in qualsiasi momento: basta piantare i semi di tulipano.

Gli NFT sono una truffa?

Wanna Marchi può affermare quanto vuole che il suo sale magico caccia via gli spiriti maligni alla modica cifra di mille euro, resta il fatto che il cloruro di sodio (NaCl) possiede proprietà chimiche specifiche e verificabili, e tra queste non appare quella di eliminare i demoni. Non credo ci sia qualcuno disposto ad affermare che sia stato il cloruro di sodio a truffare le sue vittime. Oppure – dato che le vendite avvennero via telefono – che per colpa del telefono sono state raggirate delle persone. L’autrice della truffa legalmente accertata si chiama Wanna Marchi, la quale ha utilizzato come strumento la creduloneria delle sue vittime per fargli pagare a peso d’oro oggetti che, per le loro proprietà chimiche intrinseche – che non mi pare sia il caso di mettere in discussione – hanno un valore di mercato di pochi denari. L’ignoranza ha generato l’inconveniente. Se le persone fossero state scevre di misticismo, la truffa non sarebbe potuta avvenire.

Semplificazione, superficialità, folklore: un mix esplosivo e tremendo. Portare avanti narrazioni fideistiche o prive di fondamenti logici e fattuali può essere molto pericoloso nelle conseguenze pratiche, anche se hanno scarso valore intelligibile.

Secondo alcune stime statistiche, la percentuale di spam considerando la totalità del traffico email nell’anno 2008 era del 93%. E lasciamo perdere il volume folle di spam e bot che vediamo ogni giorno su social network e chat tipo Discord. Quasi tutto il traffico email era pura immondizia e conteneva posta indesiderata di ogni sorta, comprese truffe, phishing e virus. Oggi quella percentuale è scesa intorno al 30%. Questo perché i sistemi di filtraggio dello spam si sono evoluti e sono diventati più efficienti a contrastare il problema. In secondo luogo, abusi e truffe funzionano meno in conseguenza del fatto che si tratta di una tecnologia ormai ben conosciuta e non più novella. Teorizzo inoltre che, negli anni, le persone abbiano sviluppato delle difesa immunitarie per proteggersi.

Non credo ci sia qualcuno disposto ad affermare che il protocollo standard SMTP (Simple Mail Transfer Protocol) sia uno scam o sia colpevole di quell’immondezzaio che erano le email fino a qualche anno fa o che, in luce del fatto che il grosso del traffico email è truffaldino, chiunque faccia uso delle email sia un truffatore. Se siamo in possesso delle conoscenze tecniche necessarie possiamo tentare di criticare le debolezze intrinseche o le implementazioni pratiche di un protocollo. O meglio ancora: ingegnarci per proporre nuovi standard che siano tecnicamente superiori e più efficienti, come accaduto con la proposta IPv6 per sostituire l’ormai vetusto IPv4. Oppure educando le persone all’uso consapevole degli strumenti insegnando come fare per difendersi dai malintenzionati.

Ovviamente il colpevole non è il protocollo ma la disonestà di alcuni umani che tentano sistematicamente, indipendentemente dal mezzo, dal tempo e dallo spazio, di sfruttare il prossimo per approfittarsi delle sue debolezze. Dal “citofono” alla carta, passando per la TV e il telefono, fino al World Wide Web, tutti questi mezzi sono stati e sono ancora utilizzati incessantemente in modo eticamente scorretto. Negli anni novanta non era insolito ascoltare narrazioni in cui si definiva internet come un pericoloso ritrovo di criminali, disadattati e porno-dipendenti.

Con l’avvento delle criptovalute, valanghe di truffatori si sono tuffati nello stagno in cerca di pesciolini da marinare all’insalata con token di cani, gatti, Squid Game e chi più ne ha più ne metta. E cosa poteva mai accadere dopo l’introduzione degli NFT, dei quali la maggioranza delle persone ignora il funzionamento ed è priva di difese naturali?

Affermare “internet è uno scam” oppure “le email sono uno scam” è insensato. Lo stesso vale per criptovalute e NFT, appena si comprende che si sta parlando di strumenti che possono essere utilizzati in molti modi, così come un bisturi può essere utilizzato da Jack lo squartatore per uccidere o da un chirurgo per operare, a seconda delle intenzioni dell’utilizzatore finale.

Blockchain e NFT sono registri e contratti digitali

Non c’è dubbio alcuno che gli NFT siano indissolubilmente legati all’esistenza della blockchain. Ogni cosa sulla faccia della terra che abbia un proprietario è irrimediabilmente legata a un ente o registro che ne garantisca il possesso, siano essi bancari, catastali o di altro genere. Registri che probabilmente hanno alla base infrastrutture informatiche più o meno centralizzate e distribuite, o cartacee in fase di digitalizzazione.

Il problema principale con le valute convenzionali è la fiducia necessaria per farle funzionare. Ci si deve fidare che la banca centrale non svalutati la valuta, ma la storia è piena di violazioni di tale fiducia. […] Con una valuta elettronica basata su prove crittografiche, senza necessità di fidarsi di terze parti, il denaro può essere sicuro e le transazioni avvenire senza sforzo. — Satoshi Nakamoto

Nell’anno 2020 ben sette paesi sono finiti in default finanziario e a pagare sono sempre le fasce più deboli che ricevono carta straccia in buste paga e pensioni, mentre i ricchi detengono le loro fortune in beni immobiliari, azioni e altri asset finanziari.

Noi utilizziamo la valuta EUR perchè lo Stato Italiano in accordo con la BCE ci garantisce che hanno valore; che possiamo scambiarli oggi e potremo scambiarli domani attraverso un tacito patto di fiducia nelle istituzioni bancarie e governative territoriali. Questo patto non è garantito e non è eterno. Quando ero un ragazzino utilizzavo un’altra valuta chiamata Lira, e le poche lire che ho conservato per ricordo non hanno più valore, sono fuori corso legale e non possono essere scambiate se non per sfizio. Volendo, sono token o NFT analogici non programmabili e non hanno alcun prezzo di mercato garantito al di fuori del collezionismo.

Bitcoin garantisce che il registro delle transazioni sia globale e resti sempre accessibile e di pubblico dominio, che resista alla prova del tempo e che non possa essere manipolato da entità malevole che intendano falsificarlo o controllarlo. Ethereum e Solana affermano di perseguire scopi molto simili usando soluzioni differenti. L’operazione da effettuare è quella di interrogarsi sulla loro bontà tecnica: queste soluzioni sono effettivamente sicure, efficienti e decentralizzate come viene raccontato?

Certo, una garanzia superiore ai metodi analogici è data dai file cui i contratti NFT fanno riferimento. Lo storage delle immagini può avvenire usando Filecoin/IPFS (InterPlanetary File System) o Arweave, protocolli P2P progettati per preservare la conoscenza dell’umanità al fine di liberare il web da server che sono quasi esclusivamente proprietà di poche aziende private, di solito i Tech Giants. Tale infrastruttura è stata definita dal suo ideatore, l’informatico Juan Benet, web3. Questa parola è ormai diventata poco più di una buzzword, visto che non è più associata ai suoi scopi originari e che il web non ha alcuna “versione” ufficiale di riferimento.

Bisogna però tenere presente che la rete IPFS e la criptovaluta Filecoin, vengono utilizzate anche per conservare le pagine della Wayback Machine, servizio di Internet Archive, associazione no-profit fondata dall’informatico e attivista Brewster Kahle. Si tratta di una biblioteca digitale che si pone come obiettivo un «accesso universale alla conoscenza», preservando non solo pagine web ma anche audio, immagini, riviste e libri. Molti prezioni materiali, che sarebbero stati perduti in quanto inaccessibili oggi alla fonte originale pubblicata su server privati, sono stati preservati attraverso snapshot memorizzati in maniera più resistente.

Al netto di token truffa e scimmie, alcuni problemi di non scarsa rilevanza esistono: come riuscire a preservare il contenuto del web (link e file) nel tempo? La soluzione migliore è utilizzare una rete P2P decentralizzata che sia resistente alla censura e alla prova del tempo. La rete Torrent è abbastanza sicura e affidabile? Possiamo scovare soluzioni più pratiche ed efficienti per risolvere il problema e rendere i costi dell’infrastruttura sostenibili? Queste sono le questioni su cui riflettere, i veri problemi da risolvere, invece di concentrarsi soltanto sul prezzo degli NFT.

Bitcoin e criptovalute come strumenti di libertà

Aborro l’ipotesi che io non possa passare brevi manu la mia opera originale a uno sconosciuto che non abbia un qualche documento di identità, un digital wallet o un account su un qualche tipo di rete. Aborro di non poter fare dono di un mio disegno a un immigrato clandestino, privo di documenti di identità, a una persona che magari fugge da una dittatura o da una guerra.

— LRNZ (2022)

Per creare un wallet di criptovalute basta uno smartphone e non servono carte d’identità. Per ricevere denaro con Bitcoin non c’è bisogno di alcun riconoscimento, anche se in occidente i nostri governanti si dannano come matti nel tentativo di limitare questa possibilità per schedarci con le solite scuse dell’evasione fiscale e della lotta alla criminalità, mentre i veri grandi evasori, spesso multinazionali e miliardari, se la ridono di gusto.

Dunque è possibile inviare o donare NFT e token a chiunque in qualunque parte del globo. Questa caratteristica, nell’ultimo decennio, è stata di vitale importanza per aiutare chi è fuggito da dittature, guerre e persecuzioni.

Nel 2020, in seguito alle proteste in Nigeria a causa di azioni brutali e cruente perpetrate dalla polizia, i gruppi di manifestanti subirono il blocco totale dei conti bancari ma riuscirono ad aggirarlo raccogliendo fondi attraverso la rete Bitcoin.

Nel 2021, in Russia sono stati donati molti bitcoin per sostenere il movimento politico di Alexei Navalny dopo il suo arresto ingiustificato. Come dichiarato dal movimento, Bitcoin era la loro «unica alternativa» pena il sequestro del denaro da parte delle autorità russe.

Nel 2022, dopo l’attacco della Russia all’Ucraina, sono stati donati milioni e milioni di dollari in BTC e ETH subito dopo la comunicazione dei wallet ufficiali su Twitter.

La Human Rights Foundation, che sostiene Bitcoin, ha creato un fondo per supportare i suoi sviluppatori – volontari che lavorano al codice open source del progetto – per rendere la rete più decentralizzata e resiliente al fine di sostenere ulteriormente gli attivisti per i diritti umani e i giornalisti indipendenti di tutto il mondo che si avvalgono della rete Bitcoin per proteggere il loro lavoro e il loro anonimato.

Nel mondo, 1.7 miliardi di persone sono prive di accesso ai servizi bancari. Chi può accedervi deve prima identificarsi per ricevere un IBAN o una carta di debito che viene accettata solo su determinati circuiti o in territori geografici delimitati da confini. Se ci si sposta in un paese con altra giurisdizione, si è costretti a convertire il proprio denaro in un’altra valuta a corso legale in quel territorio, ponendo venga riconosciuta dalla legge.

Bitcoin non è legato a territori geografici e legislazioni. È possibile accedere ai propri bitcoin in qualsiasi posto della terra con accesso a internet. È possibile inviare qualunque somma di denaro a un amico in difficoltà a basso costo; e quel denaro è molto più resistente alla censura da parte di governi che intendono limitare la libertà di espressione degli individui, cosa impossibile da fare con un bonifico bancario su circuito SWIFT.

Durante l’offensiva talebana del 2021 in Afghanistan, i servizi bancari furono congelati e le persone che riuscirono a fuggire hanno probabilmente perso, oltre ai beni immobili, anche i loro risparmi. Solo chi deteneva bitcoin è riuscito a salvare qualcosa. Non importa il luogo: basta una connessione a internet per accedere al proprio denaro.

Alcuni abitatori dell’occidente possono permettersi il lusso di ignorare questi problemi e trattarli con superficialità e sufficienza. Gli interessano solo le loro valute centralizzate, Euro e Dollaro - garantite da Banca Centrale Europea e Federal Reserve - con le quali pagare bollette per tenere accesi 24/7 condizionatori top di gamma con 25 gradi all’ombra facendo il pieno alle loro auto inquinanti per mangiare in un McDonald’s a 1 Km di distanza lamentandosi poi che Bitcoin consuma energia.

Esistono alcuni esempi estremi, come Venezuela o Turchia, paesi afflitti dalla piaga dell’iperinflazione di proteggersi, in cui Bitcoin ha aiutato le fasce più povere della popolazione a non finire nella miseria più totale.

Ai più ricchi l’inflazione interessa relativamente poco: sono milionari e restano milionari perché detengono asset illiquidi quotati su mercati drogati e manipolati. Anche se i governi aumentassero la tassazione, gli investitori continuerebbero ad accumulare azioni (stock) o altri beni immobili che si apprezzano nel tempo mentre le valute nazionali, basate sul debito pubblico, perdono potere d’acquisto nel tempo. I più poveri, cioè coloro che vivono di stipendi e pensioni, non hanno capitali da investire e continuano a essere pagati con valute inflazionate senza sosta per finanziare guerre, banche e aziende che appartengono ai milionari di cui sopra.

Bitcoin non appartiene a persone, banche o nazioni, Bitcoin appartiene all’umanità. Grazie a questo strumento si può esercitare un totale e assoluto controllo sul proprio denaro. Pagamenti e donazioni possono avvenire p2p senza limiti e confini. Questa prospettiva terrorizza chi tiene in ostaggio il capitale mondiale. Allo stesso modo, la rete internet libera il flusso delle informazioni e delle comunicazioni terrorizzando chi vuole controllarle.

Bitcoin è un’invenzione straordinaria e bisogna osservare con attenzione le sue evoluzioni e iterazioni. Sono strumenti perfetti? No. Niente è perfetto. Sono strumenti al culmine della loro evoluzione? No, siamo soltanto all’inizio di tutto e molti continuano a non rendersi conto di cosa sta succedendo e vi si contrappongono guardando il fenomeno solo in superficie, dove emergono speculazioni e truffe, che pure esistono e alla cui azione non sfugge nulla a questo mondo, sia on-chain che off-chain.

Difficile obiettare sul fatto che criptovalute e NFT siano stati utilizzati anche, ma non esclusivamente, per scopi poco nobili. Si tratta di comprendere che questi atteggiamenti non sono inscritti geneticamente nella natura degli NFT ma sono fenomeni fagocitanti che possiamo vedere chiaramente nel mondo, ovunque intorno a noi, da decenni.

Nel 2021 le case d’asta Christie’s e Sotheby’s hanno incassato oltre 14 miliardi di dollari, di cui solo una piccola parte relativa a NFT e la fetta più voluminosa da opere off-chain. Il neo-capitalismo ha inglobato tutto e viviamo immersi da tutta la vita in una rete globale fatta di capitali centralizzati e a cui paghiamo dazio ogni giorno semplicemente esistendo.

Il mercato e la borsa come li conosciamo oggi saranno presto estinti e le automazioni metteranno fine alla tradizionale concezione del lavoro concedendo all’uomo il respiro del tempo libero.

— Marshall McLuhan16

Spesso si invoca McLuhan affermando che «il medium è il messaggio17» come un vuoto mantra, ma non ci salverà se ignoriamo l’avvertimento di Marx quando affermava, a ragione, che «il denaro, che sembra un mezzo, è la vera potenza e l’unico fine10». Se il denaro non è un medium, ma è lo è scopo di ogni cosa, allora ogni altro medium viene utilizzato al fine di perseguire tale scopo.

Scrittura, cinema, televisione, internet: il concetto di medium perde di rilevanza se è dominato dal fine ultimo del capitale, in funzione del quale si stabilisce cosa ha o non ha valore. Ma si tratta di una definizione di “valore” – come ho sopra accennato – che s’è quasi completamente liquefatta nell’inconscio della società occidentale alienata, tanto da essere stata completamente assorbita dalla parola “prezzo”.

In tale scenario, uno scritto, un ascolto, una visione, hanno un valore solo in funzione del loro ritorno economico. Un certo “oggetto” viene considerato buono solo se genera clic o visualizzazioni, determinando entrate pubblicitarie, e non in funzione della sua qualità. Un artista è valido solo se incassa bene dalle vendite e non in funzione del valore artistico delle sue opere, siano esse letterarie, musicali, visive o di altro genere.

È sempre stato l’artista a percepire le alterazioni causate nell’uomo da un nuovo mezzo, a riconoscere che il futuro è il presente, e a utilizzare il proprio lavoro per prepararne il terreno. […] Provare antipatia per una nuova tecnologia non ne fermerà il progresso.

— Marshall McLuhan16

Non dimentichiamo una delle lezioni più importanti di McLuhan, ovvero che bisogna accettare l’evoluzione tecnologica come un destino necessario in cui l’artista ha il compito di svolgere un ruolo attivo per indirizzarla, riportando i medium al loro ruolo originale di mezzi nel tentativo di evitare che gli «idioti tecnologici» vengano fagocitati passivamente.

Considerazioni finali

A questo punto la questione si riduce a una domanda: perchè mai un artista, se animato da una ferrea consapevolezza e da una morale nobile, dovrebbe privarsi della possibilità di utilizzare tecnologie tanto potenti, sicuramente non infallibili ma comunque di livello superiore a molte delle altre disponibili? Non è detto sia sempre il caso, ma se fosse il caso, perchè non usare questi strumenti a proprio vantaggio?

Sarebbe difficile dimostrare le mie ragioni con le sole parole: come potrei reggere il confronto con un artista che ha assunto una posizione filosofica coraggiosa, argomentandola e sublimandola in un’opera potente e concreta, che io stesso ho riconosciuto come tale? Mi trovo dunque nella scomoda posizione di dover convenire con l’idea di contrapporsi all’arte svuotata di senso e considerata solo e soltanto come una merce di scambio, un mezzo speculativo per tentare di arricchirsi. Allo stesso tempo mi trovo in disaccordo con la posizione presa per esprimere tale visione.

Ho dovuto pensarci un poco ma sono giunto a una soluzione accorgendomi che, in verità, io non ho fruito dell’opera originale in formato cartaceo ma solo del manifesto pubblicato su un sito web, subendo il fascino di un codice binario-morse che rappresenta una coniugazione tra analogico e digitale che ha influenzato i miei processi mentali.

Non mi resta che operare una trasmutazione: devo riporre nell’armadio i panni del critico e indossare la veste di artista, fosse pure quella modesta di un artista da quattro soldi. In fondo i soldi, per me, hanno sempre avuto poca importanza. E allora così sia.

FCK NFT HEX

Per rispondere all’opera FCK NFT, ho deciso di realizzare un’opera derivata intitolata FCK NFT HEX, con la quale intendo affermare la superiorità del codice rispetto al supporto di destinazione e la superiorità dell’informatica e della crittografia sulla carta stampata.

Riconosco nella libertà e nella molteplicità i valori supremi da tutelare, e vedo nella censura e nell’esclusività le radici del male da eradicare. L’unicità deve appartenere solo all’individuo e non alle sue opere, e un individuo può esprimere sé stesso solo attraverso la conoscenza degli altri, assorbendo e rielaborando tutte le idee che incontra, abbracciando tutte le altre unicità che lo influenzano e lo nutrono; e può essere di libero di esprimersi pienamente solo se non è limitato dalla censura.

Questo documento rappresenta la mia filosofia, le mie passioni, le mie idee, che si sono incarnate in un’opera che vede Bitcoin come strumento dotato della potenza necessaria per esprimere e concretizzare tali concetti. Per spostarmi dalla torre d’avorio alla torre di controllo. Come artista, ho deciso di appropriarmi dell’idea fuorviante di criptovaluta riportandola alla sua dimensione reale di medium per veicolare un messaggio, per invitare alla comprensione e a un uso consapevole.

Troppe persone non analizzano criticamente il mondo in cui vivono, smettono di cercare la conoscenza se non in funzione di un lavoro e di un ritorno economico. Io dico basta e condanno a morte il capitalismo guidato dal folklore e dalla fede in banche e governi centrali, e affermo la superiorità di un nuovo sistema economico guidato dall’informatica e dalla crittografia. Quali saranno le conseguenze di tale rivoluzione non posso saperlo. Posso solo esplorare, indagare, tentare di dare un contributo affinchè si giunga finalmente a una riflessione collettiva su temi che ritengo essenziali.

Descrizione dell’opera

FCK NFT HEX: B50 0 3BA4 A228 3230 A229 23A4 8001 8001 25DC B509 ADC8 2508 2508 0 340

Il codice dell’opera consiste in una stringa esadecimale (hex) di 71 caratteri compresi gli spazi: B50 0 3BA4 A228 3230 A229 23A4 8001 8001 25DC B509 ADC8 2508 2508 0 340. Codificato al suo interno c’è il codice binario per ricostruire interamente l’opera FCK NFT di LRNZ. La stringa è formata da 16 parole (o sotto-stringhe) separate da spazi. Ogni sotto-stringa rappresenta una riga ordinata. Ogni spazio rappresenta un ritorno-a-capo che separa le righe tra loro fino a un totale di 16 righe. Per ricostruire l’opera dobbiamo:

  1. Convertire ogni sotto-stringa in formato binario.
  2. Aggiungere eventuali ‘zeri’ iniziali fino a 16 bit.
  3. Separare ogni ‘0’ e ‘1’ con una virgola.
  4. Sostituire ogni spazio con un ritorno-a-capo.

Zeri iniziali e virgole sono stati omessi per motivi di spazio e leggibilità. In altre parole, si tratta di un modo più economico per memorizzare, conservare o trascrivere il codice sorgente dell’opera. Una compressione da 256 bit o caratteri (16x16) a 71 bit, grazie all’uso di una semplice tecnica di codifica che usa un alfabeto base-16: 0123456789ABCDEF.

Ho realizzato un’implementazione in linguaggio Python dell’algoritmo di decodifica sopra indicato. Il programma è disponibile su GitHub al seguente indirizzo: https://github.com/starise/fck-nft-hex

L’opera completa, nella sua forma originale e immutabile, consiste nel codice di una specifica transazione inviata alla rete Bitcoin il 14 febbraio 2022 alle 02:58 (ora italiana, timestamp: 1644803909), con il TXID:

b9f5753bad5fb899f59bf95250901407a65c7d7bbb8b22d00fbbe38760a0d937

Il codice è stato associato alla transazione con un opcode del linguaggio Bitcoin script chiamato OP_RETURN, che permette di inviare dati esadecimali fino a un massimo di 80 byte, al quale ho associato la stringa esadecimale (hex) decodificabile in 71 caratteri (byte) ASCII compresi gli spazi, che rappresenta appunto il codice sorgente di FCK NFT HEX:

B50 0 3BA4 A228 3230 A229 23A4 8001 8001 25DC B509 ADC8 2508 2508 0 340

L’opera è conservata in decine di migliaia di copie della blockchain Bitcoin attorno al globo. Una mappa dei nodi attivi è visualizzabile su BitNodes.io e conta al momento oltre 15 mila full nodes, gran parte dei quali associati a indirizzi .onion con anonimato protetto dalla rete Tor.

L’originalità dell’opera è garantita dalla firma digitale pubblica: bc1qqtc7a7263zueae5wep4x2zkdmt65rpmp8rky2k abbinata alla transazione. Solo io che posseggo la chiave privata corrispondente posso aver inviato quella transazione. La mia firma non può essere in alcun modo contraffatta. Per assumere la mia identità è necessario violare la mia chiave cifrata costituita da un codice di 256-bit (2²⁵⁶) casuale tra 1 e n-1 dove n in decimale (base-10) è 10⁷⁷, con una curva di difficoltà ellittica (Secp256k1) di 2²⁵⁶-2³²-2⁹-2⁸-2⁷-2⁶-2⁴-1 supponendo un brute force. Per intenderci, l’universo visibile è costituito da 10⁸⁰ atomi.

Il costo della transazione, che consiste nella sola commissione inviata ai validatori, è stato di 2560 satoshi (1 satoshi = 0.00000001 bitcoin), circa un $1 al cambio attuale. Tale costo copre i costi di pubblicazione, duplicazione e conservazione dell’opera per l’eternità.

OP_RETURN B50 0 3BA4 A228 3230 A229 23A4 8001 8001 25DC B509 ADC8 2508 2508 0 340

L’esistenza dell’opera d’arte analogico-digitale FCK NFT, e insieme della rete Bitcoin, sono entrambe necessarie affinchè la mia opera possa esistere e, dunque, affinchè io possa interpretare il ruolo di artista. L’opera FCK NFT è la fonte d’ispirazione che rappresenta idee differenti dalle mie ma tanto interessanti da aver impregnato la mia opera di un’organicità concettuale che altrimenti non avrebbe potuto esprimere. La rete Bitcoin è lo strumento tecnologico capace di materializzarla e, allo stesso tempo, conservarla e renderla disponibile al mondo per i decenni a venire.

Amplificando l’idea del maestro LRNZ – due lati insieme, fronte-retro, due facce della stessa medaglia – la mia opera è visceralmente gianusiana e rappresenta e include in sè l’armonia degli opposti. Come la divinità latina Giano Bifronte, che aveva due facce e un’unica testa, a simboleggiare passato e futuro, materiale e immateriale, analogico e digitale, accessibile e inaccessibile. Due facce che unite sono un’unica entità. La contemporanea e continua comprensione di opposti che si alimentano a vicenda.

L’opera è immutabile e virtualmente indistruttibile. Una volta che una transazione è stata inserita nel registro (ledger) e approvata dalla rete – al momento confermata da oltre 37.000 validatori – non può essere più modificata o cancellata. Resisterà finchè resisterà Bitcoin. A differenza di un NFT classico, all’interno del registro è contenuta l’intera opera, che dunque non necessita di collegamenti a file esterni per essere fruita.

Per altre informazioni, vedi FCK NFT HEX: Bitcoin

L’opera è unica ma molteplice, decentralizzata in migliaia di copie, tutte originali e accessibili attorno al globo, che rappresentano un’idea che fonde due opposti. La copia originale, nella sua forma autorizzata e certificata dall’autore, è incisa nello storico della blockchain ed è da considerarsi donata all’umanità. Il suo prezzo di mercato è dunque inestimabile.

Seppure durante la sua generazione non abbia potuto impostare o manipolare alcune variabili, come l’ID della transazione che viene generato in modo casuale, l’opera ha la forma e le caratteristiche precise che volevo ottenere. L’originale è sul supporto di destinazione finale ma contiene anche il codice sorgente, la firma digitale e tutti i dati necessari per la sua autenticazione crittografica con un grado matematico di certezza.

L’opera è digitale ma assolutamente materiale: risiede in migliaia di periferiche di memorizzazione fisiche che contengono il registro di Bitcoin. Rispetta la mia idea di fruizione totale e assoluta, di riproduzione senza limiti e confini.

L’opera è accessibile ma virtualmente invisibile, nel senso che per trovarla e comprenderla sono necessari una serie di espliciti sforzi intellettuali. Anche supponendo che venga trovata per caso, il suo significato è impenetrabile. Decodificare l’opera è possibile solo convertendo il messaggio testuale contenuto in OP_RETURN da esadecimale a binario. E il codice binario risultante è impossibile da interpretare e comprendere appieno senza prima aver compreso il motivo della sua esistenza.

Siccome è questo documento a svelare in dettaglio la mia volontà autoriale di trasformare in opera d’arte quella specifica transazione assieme i codici in essa contenuti, possiamo considerare questo testo come la documentazione ufficiale dell’opera. Per questo mi assicurerò, negli anni a venire, di renderla sempre più resistente al tempo.

L’opera non potrà essere alterata, nè mentre sono in vita nè dopo la mia morte. Smetterà di esistere se dovesse smettere di esistere la blockchain Bitcoin e tutte le sue copie. Quel giorno, il mondo potrebbe essere diventato un posto migliore e forse il concetto di denaro sarà divenuto obsoleto, superato da un progresso tecnico-scientifico che garantirà a tutti pari opportunità e libertà. Forse non saremo più costretti a penarci per sopravvivere e saranno le IA a garantire il benessere consentendo agli esseri umani di dedicarsi a sforzi intellettuali e creativi che non possono essere replicati dalle macchine. Oppure il mondo sarà divenuto un luogo post-apocalittico invivibile. In quel caso la mia opera non avrà più alcun motivo di esistere perchè significa che la razza umana ha fallito.

Io spero nella prima possibilità.

Andrea Brandi, 1 marzo 2022
(aggiornato il 30 ottobre 2022)

Note a piè di pagina

  1. Lorenzo Ceccotti. FCKNFT, LRNZ. 2022 2 3 4

  2. John Byrne. Learning and Memory a Comprehensive Reference. 2008

  3. Richards, Blake e Frankland. ”The Persistence and Transience of MemoryNeuron, vol. 94, no. 6, 2017, pp. 1071–1084.

  4. Jason J. Moore et al. ”Dynamics of Cortical Dendritic Membrane Potential and Spikes in Freely Behaving RatsScience, vol. 355, no. 6331, 2017.

  5. Platone. Fedro. c.a. 370 a.C

  6. Katz e Lindell. Introduction to Modern Cryptography. 2014.

  7. Umberto Eco. Dire quasi la stessa Cosa: Esperienze di traduzione. 2013.

  8. Friedrich Nietzsche. Frammenti Postumi: 1885-1887. Adelphi, 1990.

  9. Mazzino Montinari. Che cosa ha veramente detto Nietzsche. 1975.

  10. Karl Marx. Manoscritti economico-filosofici del 1844. 1932. 2

  11. Walter Benjamin. L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica. 1936.

  12. Emanuele Severino. Volontà, destino, linguaggio. 2010.

  13. Haber e Stornetta. How to time-stamp a digital document. 1991.

  14. Satoshi Nakamoto. Bitcoin: A Peer-to-Peer Electronic Cash System. 2008.

  15. Adam Back. Hashcash, A Denial of Service Counter-Measure. 2002.

  16. Marshall McLuhan. Intervew from Playboy. 1969. 2

  17. Marshall McLuhan. Understanding Media. 1964.