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I videogiochi: l'ottava arte
Videogiochi come forma d’arte
Qualcuno ha ancora dei dubbi sul fatto che l’ottava arte siano i videogiochi. Probabilmente è una conseguenza del nome utilizzato per indicare questa unica e potente forma d’arte: ”video-gioco”. Ma potremmo definirli tranquillamente opere d’arte digitali e/o interattive.
I videogiochi sono la forma d’arte più potente e moderna, fatta di materia digitale com’è digitale la materia del web, del quale si nutrono, mettendo in comunicazione milioni di videogiocatori online, tra blog e siti specializzati, gruppi e pagine, video in diretta o in differita e multiplayer online. Ma i videogiochi si alimentano anche di tutte le altre forme di comunicazione ed espressione artistica raccogliendole in un maestoso contenitore multimediale che parla il linguaggio della modernità, accessibile su una vasta gamma di dispositivi, dagli smartphone ai PC, e avvicinando la cultura e l’arte alle persone: a portata di mano o di controller.
Purtroppo, ancora si dibatte nel mondo dell’arte e della cultura videoludica: i videogiochi devono o non devono essere considerati una forma d’arte?
Hideo Kojima, in accordo col critico cinematografico Roger Ebert, afferma1 che i videogiochi sono un tipo di servizio piuttosto che una vera e propria forma d’arte. Eppure, nel 2006 il Ministro della Cultura francese ha definito i videogiochi un bene artistico e culturale, garantendo finanziamenti statali e consegnando la medaglia dell’ordine delle arti e delle lettere2 agli sviluppatori Michel Ancel, Frédérick Raynal e Shigeru Miyamoto. Dal 2011 la National Endowment of the Arts, nelle linee guida3 che parlano delle forme d’arte riconosciute, include i videogiochi. Nel 2012 lo Smithsonian American Art Museum ha presentato una mostra intitolata: The Art of the Video Game4. Il MoMa, museo delle arti moderne di New York, espone5 da anni videogiochi storici presentandoli nel loro formato originale e classificandoli esplicitamente come arte. E potremmo continuare.
A mio parere la risposta è banale: quella cosa chiamata esperienza videoludica è un’espressione artistica che dev’essere considerata una vera e propria forma d’arte e i videogiochi vanno trattati come opere d’arte.
Affinità con il cinema
Le affinità con il mondo del cinema sono notevoli e molteplici. I videogiochi moderni sembrano un’evoluzione naturale del linguaggio cinematografico con aggiunta di componenti ludico-interattive.
- Mostrano mondi fantastici che possono sfuggire anche vistosamente alle leggi della natura. Questo permette una capacità espressiva straordinariamente potente e virtualmente infinita.
- Nascono con lo scopo di intrattenere e poi, con la presa di coscienza delle loro potenzialità, si elevano a mezzo estetico ed espressivo.
- Sia i primi film che i primi videogiochi erano muti, spesso caratterizzati da effetti sonori semplici o musiche di accompagnamento. I dialoghi erano testuali e mostrati su schermo come sottotitoli o didascalie. Con il tempo, le colonne sonore e gli effetti sonori si sono evoluti tanto da includere composizioni originali eseguite da grandi orchestre.
- Hanno subito un progressivo ma inesorabile aumento dei budget medi necessari per la realizzazione delle opere, sempre più complesse, che a volte arrivano a coinvolgere diverse centinaia di persone fra artisti, disegnatori, compositori e sviluppatori.
- Entrambi i mondi hanno visto la formazione di un mercato mainstream caratterizzato da opere dal grande budget, molte volte guidate da uno o più registi e game designer molto popolari. Spesso vengono utilizzati brand e protagonisti noti spremuti al massimo attraverso la pubblicazione di sequel e remake.
- In contrapposizione al mercato mainstream, è nata una corrente di artisti indie (indipendenti) interessati alla creazione di opere autoriali sempre più visionarie e utilizzando budget più contenuti.
Questi sono solo alcuni dei punti in comune. I videogiochi, sotto molti punti di vista, rappresentano un ampliamento del mezzo cinematografico e stanno percorrendo il solco scavato dal cinema: ciò che chiamiamo settima arte.
Connessione tra cinema e videogiochi
La cosiddetta esperienza videoludica, aggiunge a quella cinematografica classica due caratteristiche fondamentali:
- La componente interattiva, che consente allo spettatore di immedesimarsi coi personaggi, generando un grado di empatia che può in taluni casi superare quello cinematografico.
- La componente virtuale, che consente la generazione, discrezionale o procedurale, di mondi assolutamente credibili o inverosimili a seconda delle scelte artistiche ed estetiche dei creatori.
Il secondo punto è molto familiare alla cultura cinematografica, perché non si tratta di una contaminazione a senso unico. A un certo punto della sua storia, il racconto cinematografico si è trovato di fronte a un limite invalicabile che gli impediva di inscenare certi tipi di ambientazioni mostrando soltanto scene tratte dal mondo reale.
Un primo passo per tentare di sconfinare dal tangibile fu fatto utilizzando scenografie e costumi molto elaborati, rendendo possibili risultati artistici estremamente suggestivi e impalpabili. Un altro passo in avanti venne fatto ricorrendo alle più svariate tecniche di animazione. Ma il passo decisivo, quello che ha interconnesso il mondo dei videogiochi al mondo del cinema, è stato il ricorso all’utilizzo della computer grafica (CGI), che ha permesso la realizzazione di una vasta gamma di scenari virtuali altrimenti impossibili da mostrare al cinema utilizzando la sola cinepresa.
Ma che cos’è la computer grafica se non la materia prima sulla quale vengono modellati i videogiochi?
Fusione tra cinema e videogiochi
La contaminazione tra cinema e videogiochi è in atto ormai da tempo. Questa affascinante e forse inevitabile unione di due mondi lontani eppure confinanti, è proprio oggi nel vivo della sua maturazione.
Non è certamente un caso che molti registi e attori si stiano avvicinando sempre più al mondo videoludico, a volte realizzando opere derivate e adattamenti, altre volte partecipando o collaborando direttamente alla realizzazione di videogiochi. Oppure, che alcuni sviluppatori e game designer stiano tentando di mimare o traslare le tecniche cinematografiche conosciute nelle loro opere in formato videoludico.
Tramite i videogiochi possiamo esplorare mondi astratti e impossibili aggirando le leggi della fisica (pensiamo a Portal) e diventando noi stessi dei supereroi, magari usando tutto il corpo e non solo le mani attraverso l’uso di periferiche come Oculus Rift, PlayStation VR o Steam VR.
I videogiochi sono più potenti del cinema. Possono nutrirsi del cinema senza dipendere da esso: hanno una vita propria più ampia e più complessa.
Nel futuro che ci attende, il videogioco ingloberà il cinema e tutte le altre forme d’arte generando un nuovo media che eleverà l’esperienza verso livelli di coinvolgimento mai visti prima. Quel giorno, nessuno potrà più negare l’evidenza: i videogiochi sono la forma d’arte suprema.
Note a piè di pagina
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Ellie Gibson. Games aren’t art, says Kojima. Eurogamer. 2006. ↩
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Thomas Crampton. Video Games Are as Artful as Cinema. NY Times. 2006. ↩
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Art Works: Media Arts. National Endowment of the Arts. 2011. ↩
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The Art of Video Games. SAAM. 2012. ↩
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Olivia Solon. MoMA to Exhibit Videogames, From Pong to Minecraft. Wired. 2012. ↩