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Il futuro è un web decentralizzato e indipendente

Mark Zuckerberg, foto di Sarah Grillo

Facebook, e tutti i social network come Facebook, sono destinati al declino.

Potrà sembrare folle, così come sembrava folle la teoria della quantizzazione dell’energia di Planck nel 1900 o la teoria della relatività di Einstein nel 1905. Eppure, la storia ha dimostrato più volte che ciò che sembra immutabile e appare imperituro in un determinato periodo storico, prima o poi, si dirige inesorabilmente verso la sua fine naturale.

Nel 2018, spiegare a un ragazzino che qualche decennio fa si poteva contattare una persona fuori casa soltanto dalle cabine di un telefono a gettoni, è un’ardua impresa. Ci crede soltanto perché lo può leggere su Wikipedia. Allo stesso modo, per me era stato abbastanza difficile spiegare con chiarezza, nella seconda metà degli anni 90, cosa rappresentava la rivoluzione di internet a mio padre o mio zio.

Parlare adesso al 90% degli adolescenti, quei ragazzi della generazione Z con lo sguardo sempre abbassato sullo smartphone e interconnessi 24/7, di internet distribuito, IPFS o applicazioni decentralizzate, per non parlare di blockchain, Bitcoin e criptovalute, è altrettanto arduo.

Questo perché, sebbene alcuni abbiano sentito di sfuggita questi nomi, non hanno ancora idea di cosa siano e quali siano le loro reali potenzialità. Esattamente come, nei primi anni della sua storia, internet era una roba astrusa per pochi giovani pionieri, un universo ancora tutto da colonizzare.

C’è chi la storia la legge sui libri di storia e chi la storia prova a scriverla o riscriverla del tutto. Non è facile riuscirci e, spesse volte, i primi criticano aspramente i secondi solo perché stentano a comprendere un futuro che non è chiaro e non è ancora stato scritto. Ancora più spesso, il cammino verso l’evoluzione è costellato di problemi e situazioni inattese, sperimentazioni fallite, incidenti di percorso e vicoli ciechi.

Eppure è sempre più necessario che il tempo di organi di controllo privati e centralizzati, in mano a pochi individui che gestiscono i nostri dati, le nostre vite, la nostra situazione finanziaria e il nostro benessere sociale, giunga finalmente al termine. Non è fantascienza, è un futuro possibile, ancora velato e faticoso da immaginare perché ancora tutto da scoprire, definire, affinare, ma che possiamo chiaramente scorgere all’orizzonte.

Perché affidare le nostre esistenze a entità centrali, corrotti politicanti e aziende de facto monopolistiche, quando possiamo rivolgerci al software libero, ad algoritmi matematici e crittografici aperti che operano in modo imparziale e deterministico? Perché non appropriarci finalmente della potenza della rete e degli algoritmi mettendoli al servizio del pubblico?

La risposta è: perché pensiamo sia impossibile o troppo difficile farlo. Ma chi si convince di non poter camminare non riesce nemmeno più ad alzarsi dalla sedia per paura di cadere. Figuriamoci provare a correre.

Allora io dico: «alzatevi e comminate».